lunes, 9 de marzo de 2015

Michel Foucault. Genealogie del presente (2015)

PRESENTE Y GENEALOGÍA DEL PRESENTEUna aproximación no evolucionista al cambio social Robert CASTEL




Michel Foucault, en una entrevista realizada por el Magazine litteraire que se publicó en 1984, el año en el que se produjo su muerte, declaraba:
Yo parto de un problema en los términos en los que se plantea actualmente, e intento hacer su genealogía. Genealogía quiere decir que analizo el problema a partir de una situación presente (1). 

En Vigilar y castigar , refiriéndose a la prisión, se refiere de nuevo a hacer la historia del presente (2).

¿Qué significa hacer la historia del presente , hacer la genealogía del presente? ¿Cuáles son las exigencias, los riesgos y los peligros que se derivan de esta intención?

¿En qué difiere la genealogía de los análisis que realizan los historiadores? ¿Cuáles son las condiciones que la hacen compatible y “conformable” con la lectura común que hacen los historiadores de la historia? Me gustaría proponer, a partir de estas cuestiones, algunas reflexiones que se apoyen en lo s trabajos de Michel Foucault, puesto que fue él quien desarrolló esta propuesta de una manera magistral. 

Sin embargo, más allá de la exégesis de los textos de Foucault, se encuentra el problema de la ejemplificación de una posición más general que podrían adoptar los no historiadores en relación con los materiales históricos. Y así, filósofos o sociólogos piensan que recurrir a la historia no sólo es útil, en la medida en que la historia proporciona una especie de contexto, sino también esencial para comprender el presente. 

Michel Foucault. Genealogie del presente (2015)
by Clare O'Farrell


Michel Foucault. Genealogie del presente, Con un’intervista a Michel Foucault e un’intervista a Daniel Defert

Saggi di Laura Cremonesi, Daniele Lorenzini, Orazio Irrera, Martina Tazzioli, Paolo B. Vernaglione
Manifestolibri, 2015




Further info

Dall’Introduzione al volume:

L’occasione di questa pubblicazione è stato il trentennale della scomparsa di Michel Foucault. Nel 2014 in tutto il mondo convegni e libri hanno reso testimonianza dell’opera di chi, a ragione, può essere considerato tra i grandi della storia del pensiero. Ma l’occasione non ha fatto e non può fare di Foucault un “classico” della filosofia, o dell’epistemologia, tantomeno la sua vasta produzione può essere circoscritta nell’area accademica ­– benchè ormai università e centri di formazione, luoghi di produzione e condivisione del sapere e imprese editoriali abbiano moltiplicato l’interesse per l’autore dei corsi al College de France. La figura di Foucault infatti, come accade a quei filosofi che da una posizione decentrata riscrivono categorie e forme del sapere, vive in questi anni di un paradosso: un pensiero del fuori e una cultura della marginalità sono stati indagati e compresi a partire dalle scansioni temporali che filosofi, storici ed epistemologi hanno assegnato ai grandi eventi e ai passaggi d’epoca, l’antichità, l’epoca classica, la modernità. Con Foucault infatti la pratica della storia ha aperto il pensiero, infrangendo le barriere disciplinari e gli specialismi, per catturare un’ontologia del presente di cui l’attualità chiede la restituzione.

Del resto il paradosso di un archeologo non può che essere questo. D’altra parte produrre discorso nell’orizzonte di una critica radicale del sapere, dei rapporti di potere e delle forme di soggettivazione comporta una reazione forte di quella modernità che è stata criticata e messa in scacco con i suoi stessi strumenti concettuali.

Da questa particolare postura, assunta nell’elaborazione di un metodo genealogico, a partire dagli scorsi anni Sessanta, si stacca la problematizzazione dello strutturalismo e della fenomenologia, e deriva quello sguardo trasversale sul sapere e la storia che ha molto in comune con il gesto sovversivo di Nietzsche nei confronti della metafisica. L’”uso” che è stato e continuerà ad essere fatto del pensiero di Foucualt costituisce, non solo per questi motivi, il lascito più importante e produttivo per le generazioni a venire. Infatti movimenti di contestazione, comunità gay, teorici politici radicali, nonchè quei rari filosofi che assumono l’archeologia dei saperi e del linguaggio come orizzonte complessivo di ricerca, e la genealogia come metodo analitico, hanno continuato l’opera foucauldiana, rendendo esplicito l’intreccio inestricabile di pensiero e prassi e sgombrando in via definitiva il campo sia dall’ideologia dell’intellettuale come figura separata dalla società, ideologia resistente fino a Sartre, sia dall’idea che la militanza politica escluda la riflessione e sia l’orizzonte esclusivo dei conflitti.

D’altra parte la ricerca e il dibattito intorno alla follia, all’organizzazione discorsiva dei saperi, ai dispositivi disciplinari e alle forme di soggettivazione vivono nella contraddizione che si è aperta tra ricezione del pensiero di Foucault e la rilettura più o meno filologica della sua opera. Ricerca e confronto che hanno impegnato almeno tre generazioni di studiosi, militanti e ricercatori, prima di acquisire il rango di tematiche del presente, con l’inevitabile genericità che comporta l’adattamento ad un’attualità che le respinge, di questioni inscritte nella carne viva di esistenze compromesse. Così, mentre negli anni Sessanta il metodo inaugurato da Le parole e le cose e L‘ Archeologia del sapere si scontrava con la tradizione storicista e lo strutturalismo, risultando di difficile penetrazione anzitutto in Francia, negli anni Settanta la stagione dei conflitti operai e studenteschi produceva un controeffetto sul lavoro che Foucault sviluppava sulle istituzioni disciplinari e la microfisica del potere, annodando riflessione e pratica politica, teoria e analisi delle contraddizioni del capitalismo nel confronto con il pensiero di Marx, letto a sua volta per la prima volta fuori e contro i “marxismi”.

Laddove poi la modernità assumeva l’abito e il ritmo della “modernizzazione”, negli anni Ottanta, la grande riflessione di Foucault sulle pratiche di soggettivazione, la parresia, la cura di sè e il governo dei viventi, rendevano esplicito il rapporto essenziale tra l’ “inattualità” del metodo archivistico e la registrazione del presente, dotando il pensiero di un formidabile strumento di penetrazione di una realtà considerata debole perchè postideologica. Ciò che è successo dopo, con la pubblicazione progressiva dei Corsi, dell’impressionante mole dei Dits et Ecrits e con la progressiva pubblicazione delle conferenze e degli interventi degli anni Ottanta, di cui abbiamo anche parziale testimonianaza on line con le registrazioni audio e video, ha contribuito in larga misura a rendere popolare la ricezione e l’ascolto di Foucault, aprendo quel piano concettuale che va sotto il nome di “biopolitica”. Questo rimane a tutt’oggi il luogo più discusso e rielaborato del suo pensiero.

Clare O'Farrell | 10 March 2015 at 6:00 am | Categories: Books, Work by Foucault | URL: http://wp.me/p13ybx-1FZ   

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